Presentata prima nella sede di Roma e poi in quella di Milano della Galleria Russo la personale
Jonathan Guaitamacchi. British Black One Way, curata da Francesca Brambilla e Marco Di Capua,
propone opere di grandi, medie e piccole dimensioni, che ripercorrono l’iter dei suoi ultimi lavori:
dalle vedute londinesi di Battersea alle suggestioni sudafricane di “the Mother City” sino a quelle
dei ghiacciai. Il titolo della mostra, British Black One Way, descrive appieno i tratti salienti della
poetica dell’autore: ”[…] Guaitamacchi lavora sugli opposti: da una parte c’è il nero, il fondo della
tela e, dall’altra, il bianco, il quale taglia lo spazio profondo dell’oscurità”. L’artista crea metafore
della realtà fissate sulla tela da un costante bicromatismo, forse una scelta necessaria per lasciarsi
invadere dalla dimensione rarefatta e sfumata della memoria: allora dai fumi del ricordo
riemergono i luoghi che legano l’artista al territorio inglese e alla cultura anglosassone dalla quale
proviene. Le scogliere di Dover, la tangenziale londinese, diventano humus fecondo da cui trarre
ispirazione. I suoi quadri sono visioni costruite attraverso un linguaggio che si muove tra pittura e
architettura: vedute metropolitane, prospettive a volo d’uccello, paesaggi urbani, panoramiche.
“Le sue tele, veri e propri progetti architettonici, raccontano la sua visione. Il ricordo è un ricordo
fotografico, un progetto fatto di prospettiva, volumi e planimetrie. Immagini che alla fine
divengono per sua stessa ammissione astratte, osservate da punti di vista ravvicinati altro non
sono che forme geometriche assolutamente scomposte perfettamente inserite dentro una
astrazione prospettica. Solo la lontananza ne definisce la visione d’insieme”. “Tra i primi nell’epoca
contemporanea ad affacciarsi al contesto urbano, sulla tela non rappresenta l’espressione totale o
meramente architettonica della realtà, ne sprigiona l’essenza, il principio attivo, non racconta il
luogo, ma il suo riflesso, la sua metafora, dettaglia e generalizza nel medesimo istante” (F.
Brambilla).
